Strumenti di sinergia aziendale e crescita sostenibile
Efficienza, concretezza e rapidità, ecco le tre categorie di valori che esprimono le esigenze di produttività sottese alla complessa e difficile attività imprenditoriale, alla stregua delle stringenti logiche di mercato. Eppure, si tratta di principi troppo spesso trascurati, tanto a livello di programmazione istituzionale quanto sotto il profilo più strettamente socio-giuridico ed economico. In altri termini, infatti, le prerogative del “fare impresa”, piuttosto che ricevere nuovo slancio dagli interventi di sistema, finiscono, comunemente ed inevitabilmente, per subire gli irrigidimenti generati proprio da quegli aiuti che, prima facie, dovrebbero essere strutturati al fine di garantire sostegno al business imprenditoriale.
Efficienza, concretezza e rapidità, ecco le tre categorie di valori che esprimono le esigenze di produttività sottese alla complessa e difficile attività imprenditoriale, alla stregua delle stringenti logiche di mercato. Eppure, si tratta di principi troppo spesso trascurati, tanto a livello di programmazione istituzionale quanto sotto il profilo più strettamente socio-giuridico ed economico. In altri termini, infatti, le prerogative del “fare impresa”, piuttosto che ricevere nuovo slancio dagli interventi di sistema, finiscono, comunemente ed inevitabilmente, per subire gli irrigidimenti generati proprio da quegli aiuti che, prima facie, dovrebbero essere strutturati al fine di garantire sostegno al business imprenditoriale.
Non a caso, del resto, si assiste con sempre maggior frequenza alla divulgazione e promozione di strumenti di “crescita”, essenzialmente di matrice pubblicistica, i quali mostrano chiaramente caratteristiche di astrattezza e di lontananza rispetto ai bisogni immediati ed effettivi delle realtà aziendali. Ne deriva, senza ombra di dubbio, lo scollamento fra teoria e pratica nella definizione ed attuazione delle istanze di rilancio aziendale, così determinandosi una pericolosa frattura destinata ad incidere negativamente sulle strategie imprenditoriali. Il tutto traducendosi, per il singolo operatore, nell’incertezza che invade le proprie sedi di pianificazione strutturale e di gestione.
Occorre pertanto maturare una significativa riflessione in termini di utilità realistica delle misure che, in concreto, siano tali da offrire possibilità sostanziali di sviluppo e trascendano la pura dialettica aleatorea e filosofica. Ai sensi dell’art. 2082 del codice civile vigente, l’impresa si sostanzia in “…un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi…”: sebbene sintetica, tale definizione normativa afferma dei corollari che assumono una valenza di fondamentale importanza nella gestione delle dinamiche aziendali. L’interpretazione letterale del dato legislativo di riferimento, nonché la sua lettura costituzionalmente orientata, dimostrano come la programmazione economica dell’attività d’impresa deve essere necessariamente supportata da interventi finalistici ben definiti, i quali si traducano in politiche di gestione di tipo assolutamente fattivo. Solo una cultura simile appare capace di sorreggere i criteri del rischio di impresa, consentendo all’imprenditore di allestire strategie operative sostenibili e, soprattutto, redditizie.
Naturalmente, si tratta di canoni logico-sistematici e di principio che rischiano di risolversi in mere lavagne vuote, sotto il profilo strettamente funzionalistico, laddove essi stessi non ricevano un’adeguata definizione nel complesso panorama della società civile. Da qui nasce l’esigenza di verificare come l’impegno dei protagonisti del mercato sia o meno in armonia con le logiche ineluttabili del risultato di impresa. I soggetti istituzionali, gli enti di rappresentanza, i portatori di interessi e competenze professionali non possono di certo esimersi dal rispettivo impegno primario: ossia prestare il loro contributo nel facilitare il perseguimento degli obiettivi aziendali.
Contratti di rete, poli dell’innovazione, servizi di cooperazione, protocolli bancari: sono solo alcune delle entità socio-economiche e giuridiche che stanno assumendo cittadinanza nel contesto della nostra comunità civile, sia a livello nazionale che territoriale. Si tratta, naturalmente, di meccanismi ideati e sviluppati con il precipuo intento di fornire una risposta sostanziale agli sforzi economici e produttivi del mondo imprenditoriale: tuttavia, la scelta di metodo rischia di assumere una rilevanza decisiva nelle valutazioni di utilità e di risultato riconducibili ad ogni intervento di sostegno. Un certo strumento è “vicino” alla singola realtà aziendale? Parafrasando il concetto: una data impresa è in grado di percepire ed ottimizzare la positività di un impegno di crescita?
Con tutta evidenza, si tratta di interrogativi che non possono assolutamente prescindere dall’analisi di base delle esigenze specifiche di ciascuna compagine aziendale. Ed ecco l’importanza del metodo operativo: è auspicabile continuare a partire “dall’alto” nel tentativo, sia pur ammirevole, di fornire sostegno al mercato? Oppure si avrebbe una maggiore convenienza qualora i rimedi muovessero “dal basso”, venendo così plasmati e modellati sulla spinta delle effettive risultanze aziendali nella fattispecie concreta?
La soluzione applicativa di siffatte problematiche, peraltro rispondenti all’attualità di mercato ed alle testimonianze pratiche degli operatori del settore produttivo latamente inteso, deve essere necessariamente ricercata nei canoni della sussidiarietà: le stesse normative comunitarie, infatti, fanno leva sull’esigenza di organizzare sistemi di concertazione programmatica ed operativa proprio al fine di fronteggiare la difficile fase congiunturale che attanaglia le relazioni di mercato. In quest’ottica, allora, e restando fedeli al modello utilitaristico di analisi “verso il basso”, sono particolarmente interessanti talune esperienze aziendali che hanno aderito a strumenti di sinergia imprenditoriale capaci di realizzare una crescita sostenibile. Più precisamente, si tratta di sodalizi che, nella comunanza e condivisione di specifiche determinazioni di investimento, hanno scommesso su una “rete chiavi in mano”, stipulando un D.R.O.P. (acronimo di “Documento di Regolamentazione Operativa e Programmatica”).
In estrema sintesi, le aziende in questione hanno sottoscritto un contratto di partnershipsfruttando le flessibilità negoziali accordate dall’art. 1322 del codice civile, secondo cui le parti possono concludere contratti che non appartengono agli schemi direttamente disciplinati dalla legge, determinandone liberamente il contenuto, purchè si tratti di rapporti volti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Invero, si tratta di una norma che esalta l’autonomia contrattuale delle parti, in conformità ai principi costituzionali della solidarietà sociale e della libertà di iniziativa economica. Le aziende contraenti, operanti nel settore enogastronomico abruzzese, muovendo dall’intento di promuovere le tipicità dei prodotti locali in vista della creazione di canali commerciali esteri hanno elaborato e realizzato, in tempi record (soli 9 giorni) un accordo-quadro capace di fissare le linee-guida dei rispettivi rapporti economici e di investimento.
Ecco alcuni numeri, in applicazione dei parametri di accessibilità, concretezza e rapidità dai quali muove la presente trattazione:
§ 6 le aziende coinvolte in un arco temporale di presentazione del progetto pari a 3 giorni;
§ euro 1.600,00 (iva inclusa), a titolo di importo medio per le spese di partecipazione al progetto;
§ 10 i giorni dedicati a manifestazioni di promozione enogastronmica nella città di New-York;
§ 4 i contatti commerciali con società estere generati in concreto all’esito della campagna promozionale americana e destinati ad essere implementati.
Il brillante successo di tale operazione imprenditoriale risiede, appunto, nella condivisione di sinergie attuative che, partendo dalle esigenze della singola realtà aziendale, permettono di sviluppare e gestire strategie mirate di investimento rientranti nella piena disponibilità dell’azienda medesima. Il D.R.O.P. viene strutturato sul modello di un contratto di adesione governato dal riconoscimento di un’ampia discrezionalità in favore dei singoli partecipanti, i quali, pertanto, sono in grado di modulare i rispettivi comportamenti negoziali, nonché dalla predisposizione di clausole di collegamento contrattuale destinate a plasmare anche i successivi affari eventualmente nascenti dall’accordo originario, senza alcun vincolo ulteriore di adesione. Secondo tale impostazione e nel rispetto di ampie garanzie di autonomia, quindi, i contraenti, o solo quelli effettivamente interessati, continueranno a disporre di un veicolo contrattuale suscettibile di alimentare nuovi regolamenti negoziali “a cascata”, persistendo le condizioni programmatiche inizialmente dedotte.Da qui, la “rete chiavi in mano”, con l’allargamento significativo delle iniziative imprenditoriali e delle parti coinvolte come diretta conseguenza delle prospettive negoziali avviate.
La flessibilità e l’adattabilità di un simile strumento di cooperazione contrattuale, peraltro, appare suscettibile di conformarsi anche alle legittime aspirazioni di accesso ai progetti di finanziamento pubblico, laddove sempre con maggior frequenza viene privilegiata e premiata la progettualità riconducibile alle aggregazioni imprenditoriali di scopo. Infine, non sarà di certo trascurabile anche l’ulteriore impatto che l’articolazione contrattuale discussa possa assumere nell’ambito dei rapporti banca-impresa, nella misura in cui le sinergie aziendali, combinate all’utilizzo di strumenti di organizzazione, di gestione e di controllo (quali, ad esempio, i Modelli 231), siano tali da trasmettere agli interlocutori creditizi indici formali e sostanziali di affidabilità e di stabilità per l’accesso al finanziamento (si pensi, per citare un esempio, al nuovo plafond di 10 miliardi di euro destinati agli investimenti delle piccole e medie imprese secondo il recente accodo stipulato fra Cassa Depositi e Prestiti ed Associazione Bancaria Italiana, di concerto con i competenti Ministeri, per la imminente messa in circolazione del rinnovato capitale di rischio). La scommessa di valore sullo sviluppo “dal basso” delle energie d’impresa, per concludere, pare fornisca la prospettiva di individuazione di soluzioni strategiche particolarmente interessanti, quantomeno capaci di incoraggiare l’autorevolezza delle potenzialità proprie delle figure imprenditoriali.
Occorre pertanto maturare una significativa riflessione in termini di utilità realistica delle misure che, in concreto, siano tali da offrire possibilità sostanziali di sviluppo e trascendano la pura dialettica aleatorea e filosofica. Ai sensi dell’art. 2082 del codice civile vigente, l’impresa si sostanzia in “…un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi…”: sebbene sintetica, tale definizione normativa afferma dei corollari che assumono una valenza di fondamentale importanza nella gestione delle dinamiche aziendali. L’interpretazione letterale del dato legislativo di riferimento, nonché la sua lettura costituzionalmente orientata, dimostrano come la programmazione economica dell’attività d’impresa deve essere necessariamente supportata da interventi finalistici ben definiti, i quali si traducano in politiche di gestione di tipo assolutamente fattivo. Solo una cultura simile appare capace di sorreggere i criteri del rischio di impresa, consentendo all’imprenditore di allestire strategie operative sostenibili e, soprattutto, redditizie.
Naturalmente, si tratta di canoni logico-sistematici e di principio che rischiano di risolversi in mere lavagne vuote, sotto il profilo strettamente funzionalistico, laddove essi stessi non ricevano un’adeguata definizione nel complesso panorama della società civile. Da qui nasce l’esigenza di verificare come l’impegno dei protagonisti del mercato sia o meno in armonia con le logiche ineluttabili del risultato di impresa. I soggetti istituzionali, gli enti di rappresentanza, i portatori di interessi e competenze professionali non possono di certo esimersi dal rispettivo impegno primario: ossia prestare il loro contributo nel facilitare il perseguimento degli obiettivi aziendali.
Contratti di rete, poli dell’innovazione, servizi di cooperazione, protocolli bancari: sono solo alcune delle entità socio-economiche e giuridiche che stanno assumendo cittadinanza nel contesto della nostra comunità civile, sia a livello nazionale che territoriale. Si tratta, naturalmente, di meccanismi ideati e sviluppati con il precipuo intento di fornire una risposta sostanziale agli sforzi economici e produttivi del mondo imprenditoriale: tuttavia, la scelta di metodo rischia di assumere una rilevanza decisiva nelle valutazioni di utilità e di risultato riconducibili ad ogni intervento di sostegno. Un certo strumento è “vicino” alla singola realtà aziendale? Parafrasando il concetto: una data impresa è in grado di percepire ed ottimizzare la positività di un impegno di crescita?
Con tutta evidenza, si tratta di interrogativi che non possono assolutamente prescindere dall’analisi di base delle esigenze specifiche di ciascuna compagine aziendale. Ed ecco l’importanza del metodo operativo: è auspicabile continuare a partire “dall’alto” nel tentativo, sia pur ammirevole, di fornire sostegno al mercato? Oppure si avrebbe una maggiore convenienza qualora i rimedi muovessero “dal basso”, venendo così plasmati e modellati sulla spinta delle effettive risultanze aziendali nella fattispecie concreta?
La soluzione applicativa di siffatte problematiche, peraltro rispondenti all’attualità di mercato ed alle testimonianze pratiche degli operatori del settore produttivo latamente inteso, deve essere necessariamente ricercata nei canoni della sussidiarietà: le stesse normative comunitarie, infatti, fanno leva sull’esigenza di organizzare sistemi di concertazione programmatica ed operativa proprio al fine di fronteggiare la difficile fase congiunturale che attanaglia le relazioni di mercato. In quest’ottica, allora, e restando fedeli al modello utilitaristico di analisi “verso il basso”, sono particolarmente interessanti talune esperienze aziendali che hanno aderito a strumenti di sinergia imprenditoriale capaci di realizzare una crescita sostenibile. Più precisamente, si tratta di sodalizi che, nella comunanza e condivisione di specifiche determinazioni di investimento, hanno scommesso su una “rete chiavi in mano”, stipulando un D.R.O.P. (acronimo di “Documento di Regolamentazione Operativa e Programmatica”).
In estrema sintesi, le aziende in questione hanno sottoscritto un contratto di partnershipsfruttando le flessibilità negoziali accordate dall’art. 1322 del codice civile, secondo cui le parti possono concludere contratti che non appartengono agli schemi direttamente disciplinati dalla legge, determinandone liberamente il contenuto, purchè si tratti di rapporti volti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Invero, si tratta di una norma che esalta l’autonomia contrattuale delle parti, in conformità ai principi costituzionali della solidarietà sociale e della libertà di iniziativa economica. Le aziende contraenti, operanti nel settore enogastronomico abruzzese, muovendo dall’intento di promuovere le tipicità dei prodotti locali in vista della creazione di canali commerciali esteri hanno elaborato e realizzato, in tempi record (soli 9 giorni) un accordo-quadro capace di fissare le linee-guida dei rispettivi rapporti economici e di investimento.
Ecco alcuni numeri, in applicazione dei parametri di accessibilità, concretezza e rapidità dai quali muove la presente trattazione:
§ 6 le aziende coinvolte in un arco temporale di presentazione del progetto pari a 3 giorni;
§ euro 1.600,00 (iva inclusa), a titolo di importo medio per le spese di partecipazione al progetto;
§ 10 i giorni dedicati a manifestazioni di promozione enogastronmica nella città di New-York;
§ 4 i contatti commerciali con società estere generati in concreto all’esito della campagna promozionale americana e destinati ad essere implementati.
Il brillante successo di tale operazione imprenditoriale risiede, appunto, nella condivisione di sinergie attuative che, partendo dalle esigenze della singola realtà aziendale, permettono di sviluppare e gestire strategie mirate di investimento rientranti nella piena disponibilità dell’azienda medesima. Il D.R.O.P. viene strutturato sul modello di un contratto di adesione governato dal riconoscimento di un’ampia discrezionalità in favore dei singoli partecipanti, i quali, pertanto, sono in grado di modulare i rispettivi comportamenti negoziali, nonché dalla predisposizione di clausole di collegamento contrattuale destinate a plasmare anche i successivi affari eventualmente nascenti dall’accordo originario, senza alcun vincolo ulteriore di adesione. Secondo tale impostazione e nel rispetto di ampie garanzie di autonomia, quindi, i contraenti, o solo quelli effettivamente interessati, continueranno a disporre di un veicolo contrattuale suscettibile di alimentare nuovi regolamenti negoziali “a cascata”, persistendo le condizioni programmatiche inizialmente dedotte.Da qui, la “rete chiavi in mano”, con l’allargamento significativo delle iniziative imprenditoriali e delle parti coinvolte come diretta conseguenza delle prospettive negoziali avviate.
La flessibilità e l’adattabilità di un simile strumento di cooperazione contrattuale, peraltro, appare suscettibile di conformarsi anche alle legittime aspirazioni di accesso ai progetti di finanziamento pubblico, laddove sempre con maggior frequenza viene privilegiata e premiata la progettualità riconducibile alle aggregazioni imprenditoriali di scopo. Infine, non sarà di certo trascurabile anche l’ulteriore impatto che l’articolazione contrattuale discussa possa assumere nell’ambito dei rapporti banca-impresa, nella misura in cui le sinergie aziendali, combinate all’utilizzo di strumenti di organizzazione, di gestione e di controllo (quali, ad esempio, i Modelli 231), siano tali da trasmettere agli interlocutori creditizi indici formali e sostanziali di affidabilità e di stabilità per l’accesso al finanziamento (si pensi, per citare un esempio, al nuovo plafond di 10 miliardi di euro destinati agli investimenti delle piccole e medie imprese secondo il recente accodo stipulato fra Cassa Depositi e Prestiti ed Associazione Bancaria Italiana, di concerto con i competenti Ministeri, per la imminente messa in circolazione del rinnovato capitale di rischio). La scommessa di valore sullo sviluppo “dal basso” delle energie d’impresa, per concludere, pare fornisca la prospettiva di individuazione di soluzioni strategiche particolarmente interessanti, quantomeno capaci di incoraggiare l’autorevolezza delle potenzialità proprie delle figure imprenditoriali.