Il panorama normativo che interessa le dinamiche del “fare impresa” registra un progressivo e significativo orientamento verso l’affermazione di criteri di regolamentazione ispirati alle logiche dell’innovazione e dell’implementazione aziendali. Tale assunto rappresenta la necessaria premessa per comprendere ed assimilare le nuove guide lines operative che, muovendo dal mondo del diritto, mirano a sensibilizzare la realtà delle vicende gestionali dell’impresa, così disegnando una parabola di collegamento fra regole e valore.
È nel contesto di un simile impianto tecnico-culturale che devono essere ricondotte le disposizioni dettate dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in materia di “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”.
Il provvedimento citato, infatti, nel tentativo di predeterminare, in astratto, i mezzi adeguati per contrastare e reprimere i reati imputabili all’impresa e commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da soggetti dirigenziali, o da dipendenti, oppure da collaboratori, rappresenta certamente la pietra angolare della nuova architettura d’impresa. La fonte normativa in parola, sebbene originariamente trascurata dalle riflessioni “scientifiche” nonché dalla prassi applicativa (sia giurisprudenziale che imprenditoriale in senso stretto), è destinata ad esplicare una efficacia dirompente nell’universo della gestionalità d’impresa. Ciò proprio in funzione strumentale e servente rispetto alla effettiva realizzazione del fondamentale principio dello sviluppo imprenditoriale. Invero, il “Codice 231” configura e predispone una specifica metodologia operativa per la gestione, l’organizzazione ed il controllo delle attività aziendali: viene delineata, in altri termini, una strategia imprenditoriale che consente al soggetto-impresa di strutturarsi e di agire secondo un parametro di ottimizzazione dei risultati aziendali.
A tal fine, quindi, l’impresa, beneficiando della copertura normativa, è in grado di elaborare specifici strumenti interni di monitoraggio e di sviluppo attraverso la redazione tecnico-giuridica deiCompliance Programs (“Modelli di organizzazione, di gestione e di controllo”, più comunemente noti come “Modelli 231”). Più precisamente, l’ente, attraverso un’analitica ed organica analisi dei rischi inerenti alla propria attività (risk assessment), predispone una serie di procedure volte a prevenire la commissione degli illeciti, e, nel contempo, realizza l’obiettivo di massimizzare le efficienze aziendali. Sulla scia della normativa nazionale, anche le singole legislazioni regionali iniziano a far registrare il recepimento dei principi e delle direttive in materia di Compliance aziendale.
È il caso della Regione Abruzzo che, seguendo l’esempio della recente esperienza lombarda e calabrese, con Legge Regionale 27 maggio 2011, n. 15 (“Adozione dei Modelli di organizzazione, di gestione e di controllo ai sensi dell’art. 6 del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231”) (pubblicata sul B.U.R.A. n. 35 dell’8 giugno 2011; in vigore dal 9 giugno 2011) ha sancito l’obbligo di adozione dei “Modelli 231” rispetto ad una sfera particolarmente ampia di enti collettivi (quali, ad esempio, gli enti dipendenti e strumentali della Regione, i consorzi, le agenzie e le aziende regionali, le società controllate e partecipate dalla Regione). Tale normativa viene espressamente incardinata al rispetto dei canoni di “…legalità, trasparenza, eticità, lealtà e correttezza nell’affidamento, esercizio ed espletamento dei servizi di pubblica utilità e della normativa in materia di sicurezza del lavoro…”. Nella specie, i sodalizi indicati sono tenuti ad adottare il Modello entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della novella regionale, e sono altresì obbligati a curare puntuali impegni informativi verso i competenti uffici della Regione Abruzzo per l’accertamento in merito alla effettiva e concreta attuazione delle prescrizioni legislative. L’inosservanza dei precetti stabiliti produrrà l’insorgenza della responsabilità secondo il “sistema 231”, con successiva irrogazione di gravi sanzioni sia di natura economica che interdittiva.
Come appare evidente, si tratta di un intervento normativo suscettibile di incidere profondamente sugli equilibri dell’attuale mercato “imprenditoriale” abruzzese: i riflessi del percorso così instaurato, infatti, sono verosimilmente destinati a coinvolgere gli schemi funzionali e relazionali della generalità degli enti collettivi operanti nel territorio abruzzese, siano essi di natura pubblica, mista e privata. Conseguentemente, allora, si assisterà, di fatto, ad una significativa rimodulazione nella gestione dei servizi di utilità pubblica nonché nello svolgimento concreto dei rapporti di negoziazione che le imprese private porranno in essere con la Pubblica Amministrazione. La corretta adozione tecnico-giuridica dei Modelli 231 e la loro effettiva attuazione, dunque, assurgono a requisiti indispensabili per il perseguimento delle fondamentali logiche innovative e di implementazione, integrando una vera e propria scommessa di valore per il mondo imprenditoriale nel suo complesso.
Il provvedimento citato, infatti, nel tentativo di predeterminare, in astratto, i mezzi adeguati per contrastare e reprimere i reati imputabili all’impresa e commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da soggetti dirigenziali, o da dipendenti, oppure da collaboratori, rappresenta certamente la pietra angolare della nuova architettura d’impresa. La fonte normativa in parola, sebbene originariamente trascurata dalle riflessioni “scientifiche” nonché dalla prassi applicativa (sia giurisprudenziale che imprenditoriale in senso stretto), è destinata ad esplicare una efficacia dirompente nell’universo della gestionalità d’impresa. Ciò proprio in funzione strumentale e servente rispetto alla effettiva realizzazione del fondamentale principio dello sviluppo imprenditoriale. Invero, il “Codice 231” configura e predispone una specifica metodologia operativa per la gestione, l’organizzazione ed il controllo delle attività aziendali: viene delineata, in altri termini, una strategia imprenditoriale che consente al soggetto-impresa di strutturarsi e di agire secondo un parametro di ottimizzazione dei risultati aziendali.
A tal fine, quindi, l’impresa, beneficiando della copertura normativa, è in grado di elaborare specifici strumenti interni di monitoraggio e di sviluppo attraverso la redazione tecnico-giuridica deiCompliance Programs (“Modelli di organizzazione, di gestione e di controllo”, più comunemente noti come “Modelli 231”). Più precisamente, l’ente, attraverso un’analitica ed organica analisi dei rischi inerenti alla propria attività (risk assessment), predispone una serie di procedure volte a prevenire la commissione degli illeciti, e, nel contempo, realizza l’obiettivo di massimizzare le efficienze aziendali. Sulla scia della normativa nazionale, anche le singole legislazioni regionali iniziano a far registrare il recepimento dei principi e delle direttive in materia di Compliance aziendale.
È il caso della Regione Abruzzo che, seguendo l’esempio della recente esperienza lombarda e calabrese, con Legge Regionale 27 maggio 2011, n. 15 (“Adozione dei Modelli di organizzazione, di gestione e di controllo ai sensi dell’art. 6 del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231”) (pubblicata sul B.U.R.A. n. 35 dell’8 giugno 2011; in vigore dal 9 giugno 2011) ha sancito l’obbligo di adozione dei “Modelli 231” rispetto ad una sfera particolarmente ampia di enti collettivi (quali, ad esempio, gli enti dipendenti e strumentali della Regione, i consorzi, le agenzie e le aziende regionali, le società controllate e partecipate dalla Regione). Tale normativa viene espressamente incardinata al rispetto dei canoni di “…legalità, trasparenza, eticità, lealtà e correttezza nell’affidamento, esercizio ed espletamento dei servizi di pubblica utilità e della normativa in materia di sicurezza del lavoro…”. Nella specie, i sodalizi indicati sono tenuti ad adottare il Modello entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della novella regionale, e sono altresì obbligati a curare puntuali impegni informativi verso i competenti uffici della Regione Abruzzo per l’accertamento in merito alla effettiva e concreta attuazione delle prescrizioni legislative. L’inosservanza dei precetti stabiliti produrrà l’insorgenza della responsabilità secondo il “sistema 231”, con successiva irrogazione di gravi sanzioni sia di natura economica che interdittiva.
Come appare evidente, si tratta di un intervento normativo suscettibile di incidere profondamente sugli equilibri dell’attuale mercato “imprenditoriale” abruzzese: i riflessi del percorso così instaurato, infatti, sono verosimilmente destinati a coinvolgere gli schemi funzionali e relazionali della generalità degli enti collettivi operanti nel territorio abruzzese, siano essi di natura pubblica, mista e privata. Conseguentemente, allora, si assisterà, di fatto, ad una significativa rimodulazione nella gestione dei servizi di utilità pubblica nonché nello svolgimento concreto dei rapporti di negoziazione che le imprese private porranno in essere con la Pubblica Amministrazione. La corretta adozione tecnico-giuridica dei Modelli 231 e la loro effettiva attuazione, dunque, assurgono a requisiti indispensabili per il perseguimento delle fondamentali logiche innovative e di implementazione, integrando una vera e propria scommessa di valore per il mondo imprenditoriale nel suo complesso.